LA DIVINA COMMEDIA NELL’ARTE: DA SANDRO BOTTICELLI A PAOLO BARBIERI

 

Senza ombra di dubbio si potrebbe affermare che Dante Alighieri abbia influenzato l’intero immaginario del mondo fantastico grazie alla sua “Commedia” che solo in un secondo momento diventò “Divina”.

Numerosi sono stati gli uomini di cultura ed essersi ispirati a questo capolavoro, ma è pur vero che nel campo delle arti visive, il Sommo Poeta ha innescato una reazione senza precedenti.
Forse sono troppi gli artisti da elencare che hanno messo mano alla rappresentazione della Divina Commedia nel corso dei secoli, e che continua a stimolare la fantasia di alcuni artisti ancora ai giorni nostri.
Ma prima di iniziare con la nostra lista di artisti che si sono cimentati nelle illustrazioni dantesche, va detto che non bisogna stupirsi del fatto che, in realtà, la parte più rappresentata sia l’ Inferno; questo perché non solo è la parte più comprensibile per via del suo linguaggio semplice ma anche perché è la più ricca di episodi famosissimi e piena di dinamismo con i suoi scenari “fantasy”.

Di certo è impossibile iniziare questo excursus senza citare Sandro Botticelli. Il famoso pittore fiorentino, emblema del Rinascimento, si dedicò per ben 15 anni alla raffigurazione del testo dantesco sotto la commissione di Lorenzo Pierfrancesco De’ Medici. A Botticelli si devono 100 disegni di cui ne sono pervenuti 92, ma solo la rappresentazione della struttura dell’Inferno con la sua “voragine” è completo.

In verità l’opera del pittore della “Venere” non fu particolarmente apprezzata per via del suo stile considerato troppo delicato ed armonico, la cui bellezza dei personaggi era fin troppo ideale. Nonostante il suo essere inadeguato alle rappresentazioni drammatiche, la sua mappa infernale è un capolavoro. I gironi sono curati nel minimo dettaglio, tutti i personaggi, compresi Dante e Virgilio, sono resi in miniatura stimolando la curiosità dell’osservatore.

Sul finire del 1500 Federico Zuccari lavorò alla rappresentazione della Divina Commedia lasciando nelle sue 88 tavole disegnate un’ impronta totalmente manierista. Vi si dedicò nei suoi tempi maturi, durante un soggiorno in Spagna alla corte di Re Filippo II, dove la raccolta di fogli doveva essere inserita all’interno di un volume rilegato. Questo, conservato agli Uffizi di Firenze, è stato esposto per un progetto online dal titolo “A riveder le stelle” solo a partire da quest’anno in occasione dei 700 anni dalla morte di Dante.

Anche William Blake, il poeta d’oltremanica, nel XIX secolo si cimentò nell’illustrazione della Divina Commedia. Il motivo di questa titanica impresa fu una commissione che lo vide impegnato pochi anni prima della sua morte, motivo per il quale non riuscì mai a portare a termine l’opera.

Si tratta di 102 immagini dipinte ad acquarello. C’è da dire che nonostante i secoli che dividono Dante da Blake, questi era molto vicino alla mentalità dantesca e condivideva anche una certa religiosità col poeta fiorentino.
A dimostrazione di ciò vi è la resa delle sue immagini attraverso l’ uso degli acquarelli dalla quale traspare una via di mezzo tra il sublime e l’orrorifico.
Il senso dell’ultraterreno è senza dubbio dovuto al suo sapiente uso del colore, dai giochi di luce e ombra che fanno acquistare ai personaggi quell’effetto drammatico di cui Botticelli peccava.

L’Ottocento è stato un secolo proficuo per l’arte e soprattutto per la ripresa dei testi medievali più volte proposti anche in pittura, basti ricordare il gruppo di artisti preraffaelliti in Inghilterra che tanto amavano traslare su tela le scene dei testi letterari più famosi, e non solo.

Tra i tanti illustratori della Divina Commedia sicuramente si annovera Francesco Sacaramuzza.
Nonostante il committente gli avesse bloccato il progetto per per motivi economici, questi continuò a lavorare per conto proprio all’impresa riuscendo a rappresentare l’intera opera con 259 cartoni a penna.

Tuttavia Scaramuzza dovette confrontarsi negli stessi anni con un rivale di origine francese, Gustave Doré, il quale fu più apprezzato stilisticamente dai suoi contemporanei rispetto al pittore italiano.
Ciò non stupisce, poiché proprio come il suo predecessore Botticelli, Scaramuzza fu criticato per aver proposto figure che non si confacevano all’atmosfera dantesca, esse erano considerate troppo poco drammatiche e fin troppo impostate. Al contrario, la fama di Doré fu dovuta proprio a Dante e alla sua Commedia. I suoi contrasti giocati sul bianco e sul nero resero alla perfezione la forza drammatica e il senso lugubre che tanto si ricercava nelle figure del Sommo Poeta.
Inoltre grazie alla contrapposizione forte dei due non colori, i corpi dei personaggi risultano più voluminosi, dove il dinamismo sprezzante quasi arriva a contorcere i corpi alla maniera serpentina di diretta ispirazione michelangiolesca.

Spinto dallo stravagante Gabriele D’Annunzio, il pittore ligure Amos Nattini, intraprese la strada della rappresentazione della Divina Commedia che sarebbe dovuta convolare in un progetto di pubblicazione editoriale che lo vide impegnato per un ventennio, dal 1912 al 1941.

Già a partire dai primi anni di lavoro furono rese pubbliche le tavole del progetto raggiungendo in pochissimo tempo una notevole fama.
Forse la sua più grande caratteristica fu quella di cambiare la prospettiva, o meglio ancora, il punto di vista dello spettatore a seconda se si stava osservando una scena ambientata all’Inferno o in Paradiso.

Nel primo caso si guarda dal basso verso l’alto, nel secondo dall’alto verso il basso.
Nattini rivela un’indole quasi surrealista nelle sue illustrazioni, spesso fa uso di colori dalle tonalità pastello dai forti contrasti quali il giallo e il blu, facendoci immergere in una dimensione onirica.
A proposito di surrealismo, anche Salvador Dalì lavorò a questo tipo di rappresentazione, ma pochi sanno che chi gli commissionò questo lavoro fu proprio il Governo Italiano per celebrare il centenario dalla nascita di Dante Alighieri. A quanto pare, però, l’opinione pubblica non fu molto contenta di tale scelta, forse per il fatto che Dalì era un pittore spagnolo e non italiano.
A questo punto l’eccentrico artista iberico fu costretto ad abbondare il progetto sulla Divina Commedia, o meglio, continuò a lavorarci per conto suo dando alle tavole un tocco assolutamente stravagante grazie alle sproporzioni delle figure rese grottesche, permettendogli di conferire comunque un aspetto inquietante alle illustrazioni dantesche.

In ultimo, ma di certo non meno importante, va citato un artista italiano senza pari nel suo genere: Paolo Barbieri. Dopo essersi formato a Modena e poi a Milano, nel 2012 ha pubblicato un libro intitolato “L’Inferno di Dante” dove le sue illustrazioni accompagnano le terzine della Commedia stessa. Qui traspare tutto il suo stile da illustratore fantasy dal tratto sensuale. La resa delle sue figure è plastica e carnale, e non si può di certo dire che Paolo Barbieri non possa competere con i grandi artisti del passato.

Testo critico
Dott.ssa Lorena Ponzo

Storico dell’ Arte

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *